Nei silenzi del mondo
Il libro di Alessandra Politi
Trama libro
L’ispettore Meredith Nolan giunge a Letterkenny, una cittadina nella contea di Donegal, Irlanda, in un pomeriggio brumoso e freddo del 12 dicembre.
Il suo intervento viene fortemente richiesto dal procuratore distrettuale Patrick Brennan, in virtù delle sue qualità professionali che la distinguono nel nucleo investigativo della polizia scientifica.
Così l’ispettore Nolan si trova di fronte a due casi di omicidio, avvenuti alla breve distanza di tre mesi l’uno dall’altro, ma accomunati da dettagli inquietanti, che fanno supporre un unico indiziato, con stesso modus operandi e una chiara firma sui cadaveri.
Tuttavia, la giovane detective, deve fare i conti non solo con un probabile serial killer, ma anche con un passato che credeva d’essersi lasciata alle spalle, sepolto in quei luoghi, da cui era fuggita cinque anni prima.
Sulle tracce dell’assassino, ma anche su quelle di un trascorso, che ritorna come un incubo, Meredith scoprirà che il dolore è un ponte di passaggio obbligatorio per raggiungere l’altra sponda della riva.
Un susseguirsi di pagine avvolte in uno scenario invernale, ma sempre molto suggestivo, della parte più impervia e incontaminata dell’Irlanda del nord, dove il faro di Fanad Head Lighthouse continuerà a fare da sfondo e a vegliare, vedetta benigna e solitaria, col suo occhio di luce, sui naviganti di mare e di terra, in un mondo che pullula di segreti, tenuti nascosti per ben vent’anni.
Un “giallo” psicologico, il romanzo della scrittrice salentina (di Ruffano), con attenzione particolare alla psicologia dei personaggi e ai loro rapporti relazionali.
Una trama ricca di colpi di scena e di suspense, in cui un’investigatrice indaga su due casi di omicidio, avvenuti a distanza di tre mesi l’uno dall’altro; si ipotizza un serial killer, ma si dovrà fare anche i conti con un passato che si crede già alle spalle e che torna prepotentemente a bussare.
La protagonista, Meredith, capisce che, ad un certo punto, bisogna attraversare il dolore per raggiungere la meta. A fare da sfondo, la parte più impervia e incontaminata dell’Irlanda del Nord, dove il faro di Fanad Head Lighthouse veglia con il suo occhio luminoso.
Molti sono gli elementi disseminati lungo la storia, in cui troviamo improvvise tirate e misteri celati.
La narrazione diventa uno strumento non solo per raccontare le fragilità umane, la sofferenza, la vulnerabilità, ma per dar voce al dolore e prenderne coscienza per superarlo.
Non solo un “giallo” ma un romanzo “psicologico”. Così l’autrice Alessandra Politi descrive il suo libro dal titolo “Nei silenzi del mondo”, edito da Aletti nella collana “I Diamanti della Narrativa”.
«La caratterizzazione dei personaggi che creano la storia – spiega la scrittrice di Ruffano (LE), interior designer per professione – non è per nulla subordinata allo svolgimento della trama, anzi viene posta grande attenzione all’aspetto caratteriale dei protagonisti, alla loro psiche e ai rapporti relazionali tra di loro. Gli spazi concessi all’introspezione e all’analisi psicologica sono talmente rilevanti che penso sia giusto completare la definizione del genere, sottolineando i collegamenti coi processi e le risorse mentali a cui i personaggi si affidano per riconoscere e combattere l’avversario».
Una trama ricca di colpi di scena, di suspense – che l’autrice definisce linfa vitale per questo genere di romanzi, che nasce da continui tentativi di giocare con la mente, di demolire certezze, di inscenare conflitti che rompono gli equilibri – dove un’investigatrice indagherà su due casi di omicidio, avvenuti alla breve distanza di tre mesi l’uno dall’altra, probabilmente per mano di un serial killer, ma dovrà fare anche i conti con un passato che credeva essersi lasciato alle spalle e che tornerà prepotentemente a bussare. La protagonista, Meredith, capirà che, ad un certo punto, bisogna attraversare il dolore per poter raggiungere la meta. Un meccanismo spiegato dalla stessa scrittrice: «Il back-story mi ha aiutata a svelare la storia esistente dietro la situazione svelata, approfondendo le motivazioni del personaggio e dimostrando come il suo passato abbia plasmato le sue attuali percezioni cognitive». A fare da sfondo, la parte più impervia e incontaminata dell’Irlanda del nord, dove il faro di Fanad Head Lighthouse veglierà con il suo occhio luminoso.
Una storia investigativa resa il più reale possibile dall’autrice che svela di essersi «ingegnata a trovare trucchi e stratagemmi che potessero sorprendere il lettore e non farlo annoiare mai: indizi ed elementi disseminati per risolvere il caso, informazioni improvvise tirate fuori dal cilindro nel momento meno assodato, misteri celati come un sottofondo costante. Ho dovuto tessere la trama del mio giallo – spiega la Politi – prima ancora di mettermi realmente a scriverlo e in modo tale che funzionasse come un perfetto ingranaggio».
La narrazione diventa uno strumento non solo per raccontare le fragilità, la sofferenza, la vulnerabilità, ma per dar voce al dolore, accettandolo e prendendone coscienza per poterlo superare. Da qui, il ruolo importante della scrittura. «È come il mio DNA – afferma l’autrice -, una molecola essenziale per la vita. È come la mia impronta digitale, perché mi distingue e mi rende unica e inimitabile. Quando scrivo, finalmente entro in relazione con me; mi ascolto. Così la storia comincia a frullarmi in testa e non penso a quale genere letterario appartenga, non m’importa. La scrivo e basta». E tornando sul suo romanzo aggiunge: «È una storia che racconta l’Uomo. L’Io angosciato, sofferente e colmo di dolore dona a questo libro una narrazione potentissima. La sua drammaticità traspare fra le pagine come una sorta di imprecazione rivolta al mondo, ai suoi silenzi, spesso assurdi, alla vita e al destino, oltre che a se stessi».